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In che stato (di diritto)

Oggi vi parliamo di divisione dei poteri, e di stato di diritto. Sembra noioso. Vedrete che non lo è.

Nella giornata di venerdì è avvenuto un incontro trai il Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte e il Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Secondo il sito ufficiale della presidenza ucraina, nell’incontro si è discusso del caso di Vitalii Markiv, condannato a 24 anni di reclusione per l’omicido di Andrea Rocchelli e Andrej Mironov. Sostanzialmente si riporta con orgoglio che Zelensky avrebbe fatto pressioni perché sia rilasciato. Citiamo testualmente, perché a noi piace far parlare i fatti:

“Le parti hanno anche discusso il caso del combattente della Guardia Nazionale Vitalii Markiv incarcerato in Italia. “Capisco che il Primo Ministro non può influenzare il tribunale italiano. Ma ho mostrato in dettaglio cosa è accaduto là, a che distanza era (Markiv) dalla scena del delitto. E che dobbiamo portare via il ragazzo”, ha detto il Presidente (Zelensky)”.

L’articolo completo è qui.

Il punto qui non è la colpevolezza o meno di Markiv. Il punto è la correttezza o meno della procedura da seguire in un caso come questo. Abbiamo assistito ad un processo veramente pesante, a cui ne seguirà un altro in appello. Abbiamo ascoltato testimonianze di militari, abbiamo guardato scene di guerra sul monitor. Abbiamo visto un nostro amico morto su un tavolaccio. Questo si fa per la verità. E per la giustizia. Questo si fa, perché crediamo nelle istituzioni repubblicane così come si deve credere nella buona fede e nella competenza dell’arbitro quando si gioca a pallone.

Raccontare a un Presidente del Consiglio perché secondo te una sentenza e sbagliata, e dirgli che va ribaltata, è una cosa marcia, malata. E’ tentare di distruggere le regole del gioco. E’ metterlo a rischio, quel gioco che si chiama democrazia.

Come vedete, non entriamo neppure nel merito dell’opinione di Zelensky sulla colpevolezza o meno di Markiv. C’è un tribunale per quello. C’è una giuria per quello. Noi accettiamo, e accetteremo le sentenze. Noi detestiamo che questa cosa finisca a tifoserie, ultras che tirano la giacchetta al politico di turno. E non diciamo questo perché siamo dei burocrati noiosi. Diciamo questo perché siamo con la famiglia di Andrea, che merita rispetto. Un processo giusto, una rigorosa ricostruzione degli eventi e un accertamento delle responsabilità: questo è il minimo sindacale che uno stato di diritto come si deve è chiamato a dare ai suoi cittadini. Noi a questo stato di diritto crediamo. Voi ci credete?

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