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Dal 24 maggio 2014 a oggi: 8 anni di consapevolezza

Sono passati otto anni da quel maledetto 24 maggio 2014, quando l’esercito ucraino insieme alla Guardia Nazionale Ucraina decise di aggredire i giornalisti che stavano documentando i fatti del Donbass, uccidendo Andrea Rocchelli e Andrej Mironov e ferendo gravemente William Roguelon, scampato miracolosamente al tiro di saturazione dei militari, finalizzato all’eliminazione fisica del convoglio di civili.

Oggi assistiamo ad un quadro geopolitico stravolto, irriconoscibile, ma che affonda le sue radici in quei giorni. L’invasione russa ha martoriato la popolazione civile di una terra che già prima non trovava pace, schiacciata com’era tra l’incudine di un passato sovietico ingombrante e il martello di una spontanea tensione democratica ed europea sostenuta però da forti pressioni atlantiche. Ogni giorno si consumano massacri e violenze, e ogni giorno questa guerra ci ricorda che possiamo avere tutti i social e i giga del mondo, ma la guerra ha la caratteristica di silenziare i testimoni e quel che resta è sempre e solo propaganda.

La guerra e il mancato rispetto dei civili e dei giornalisti in primis vanno a braccetto. Considerare la guerra come un’opzione per risolvere le controversie e liberarsi di chi non si fa i fatti propri sono due facce della stessa medaglia. Non può esserci guerra se l’opinione pubblica conosce l’orrore. Chi vuole la guerra vuole anche la disinformazione. Ne ha bisogno, se ne nutre. Ed è per questo che noi dobbiamo difendere i giornalisti. Sono la nostra coscienza e insieme la nostra assicurazione sulla vita. Quando vengono presi di mira i giornalisti, è il segno di qualcosa di profondo che non quadra.

Stessa identica situazione in Palestina, dove due settimane fa la giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh è stata assassinata dai militari israeliani. Scritta “press” cubitale ignorata, palleggio di accuse, silenzio o narrazione pilatesca dei media internazionali, zero assunzione di responsabilità da parte del governo israeliano. E via verso il nuovo omicidio del prossimo giornalista che sarà nel posto giusto con un esercito che riceve l’ordine sbagliato.

Oggi è il tempo di raddrizzare questa stortura. Come nei decenni si è accettato che la Croce Rossa soccorresse i feriti nelle zone di guerra, senza che nessuno per l’appunto sparasse sulla croce rossa, perchè solo benefici possono provenire dalle cure mediche, così bisogna riconoscere che il lavoro dei cronisti e dei reporter porta sui teatri di guerra quella cura insostituibile che si chiama verità. E’ logico che al dittatore di turno dia fastidio, ma la verità fa troppo bene a tutti noi nel lungo periodo perchè possa essere ignorata. La verità rende liberi. Liberi dalla guerra. Da tutte le guerre, da quest’ultima in Ucraina a tutte le altre, quelle dimenticate.

Il nostro percorso per la libertà di stampa e i diritti civili continua ed è vivo più che mai, assieme alla sensazione di vivere momenti decisivi della storia. Proprio il 24 maggio viene inaugurata presso il circolo Radio Aut di Pavia una mostra fotografica di Andy Rocchelli sulla primavera araba, per non dimenticare un’altra pagina di storia che non sarebbe stato possibile comprendere senza giornalisti veri sul posto. Il 27 maggio alle ore 20.30 andrà invece in onda una nuova puntata di Spotlight su RaiNews 24 sempre dedicata a Andy. Continuate a seguirci e stare al nostro fianco: vi promettiamo che ne vale la pena.

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