Ce lo siamo ascoltato tutto d’un fiato. Abbiamo pianto, abbiamo anche sorriso, ci siamo arrabbiati di nuovo. Tutto daccapo. E’ stato difficile. E non ce lo saremmo persi per niente al mondo.
Perché Mario Calabresi, oltre ad essere un attento ascoltatore ed un bravissimo narratore di storie, è un uomo che sa bene che cosa vuol dire morire sul lavoro, morire ammazzati, morire lasciando dei figli piccoli. Ha avuto il coraggio di parlare di sé, raccontandoci la storia della sua famiglia in un libro altrettanto duro: Spingendo la notte più in là. E oggi ci parla di Andy, una mano tesa tra generazioni diverse e un destino sotto certi aspetti in comune.
Ascoltare il podcast “La Volpe Scapigliata” ci ha fatto ripercorrere tutti in una volta i ricordi di questi sei anni, da quel maggio maledetto del 2014. Ci ha fatto rivivere i luoghi. Il funerale in Seminario. Il processo, in quella striminzita aula di tribunale. La camminata tra i papaveri rossi, la scorsa primavera. L’ultima udienza nella Sala dell’Annunciata e quella emozione mai provata prima, come un senso di liberazione sopra ad un mattone di dolore, che se ne restava lì tutto intero.
Oggi ci sentiamo tutti uniti da quel filo sottile che corre attraverso le istituzioni, il giornalismo, la verità e la giustizia, l’ansia di conoscere e raccontare le storie, che era così radicata in Andy. Oggi siamo uniti con loro. Con Mario, con Andy. Con queste famiglie. Cercando di spingere tutte le loro notti ancora un pochino più in là.