L’autorità giudiziaria non deve prendere le parti di nessuno e le questioni geopolitiche del conflitto russo-ucraino debbono restare fuori dall’aula di tribunale. E’ stato questo uno dei punti cardine affermati con forza dalla procuratrice generale Nunzia Ciaravolo durante la sua requisitoria nel corso dell’udienza del 15 ottobre al processo d’appello per l’omicidio di Andrea Rocchelli e Andrej Mironov.
Nel corso di queste settimane, come durante le fasi più calde del dibattimento in primo grado, abbiamo assistito a tutto il repertorio delle possibili intromissioni della politica nel territorio della giustizia. Senatori in divisa in prima fila alle udienze. Email o telefonate volte a forzare la mano alla corte. Manifestazioni di piazza. Documentari a tesi. Addirittura non dimenticheremo mai l’intervento a gamba tesa del Presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, quando a colloquio con Giuseppe Conte esortò il premier italiano a intervenire per la liberazione di Vitaly Markiv, all’epoca già condannato a 24 anni in primo grado.
Noi non pensiamo affatto che questa sia una questione privata, la vicenda di un Milton dei nostri giorni con la storia sullo sfondo. L’assassinio di Andy è una questione pubblica, lo sappiamo e lo abbiamo ribadito più volte. Ha a che fare con i diritti umani, con il diritto internazionale, con il nostro diritto di conoscere i fatti che accadono sui teatri di guerra. Ha quindi intrinsecamente a che fare con la tutela di chiunque in guerra ci si trovi suo malgrado, ovvero necessariamente di civili. Anche dei civili ucraini, i civili del Donbass. Ha dunque conseguenze politiche. Ma non è e non dev’essere un processo politico.
Sono avvelenatori di pozzi quelli che dipingono questa vicenda giudiziaria come uno scontro tra tifoserie. Sono tristemente in malafede quelli che vogliono liberare Markiv per segnare un punto a favore della squadra nazionalista ucraina. Stanno sbagliando partita. Non stiamo guardando Ucraina-Russia. Stiamo lottando perché il diritto e la tutela dei civili siano riaffermati e difesi ovunque, proprio nelle situazioni critiche in cui è più facile che una catena di comando prenda la decisione sbagliata e porti a gesti atroci, come l’uccisione deliberata di giornalisti disarmati. Non è una questione privata. E’ una questione diversa. Non si tratta degli uni contro gli altri. Nemici. Si tratta di proteggere le persone. Tutte le persone. Come quelle che raccontava Andy con le sue fotografie. Le persone del Donbass. Al tempo dei primi vagiti dell’Europa che verrà, aiutateci a difendere il primato della giustizia su una politica di barricate.