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12 Aprile 2019: dodicesima udienza del processo

Nell’udienza di Venerdì 12 aprile hanno testimoniato:
  1. Fabrizio Romano: ex-ambasciatore italiano a Kiev, prestò servizio fino all’autunno 2016 e si occupò direttamente del rientro dei corpi di Andy ed Andrey da Slaviansk a Kiev. Le dichiarazioni rilasciate alla corte sono state generiche circa tale procedura di trasporto ( per la quale fu necessario organizzare un canale di sicurezza e garantire che le forze ucraine non sparassero al guidatore russo che volontariamente coprì parte del tragitto ); Romano ha confermato come la copertura dell’evento da parte dei media ucraini e russi fosse stata totale, mettendo quindi in dubbio la validità della versione dei due generali ucraini venuti a testimoniare volontariamente alcuni mesi fa (affermarono di non aver mai saputo del fatto prima dell’arresto di Markiv); Romano ha inoltre ricordato di aver iteratamente sollevato durante gli incontri tra istituzioni ucraine e amabasciata la necessità di una sollecita ricerca della verità sull’omicidio di andy ed Andrey e sul ferimento di William Roguelon.
  2. Luca Soldati: avvocato esperto di balistica ingaggiato dalla difesa come consulente. L’avvocato si è basato sulla rogatoria ucraina e sul referto autoptico per ipotizzare che: non furono colpi di mortaio diretti bensì schegge ad uccidere Andy; la provenienza di quest’ultime da colpi di mortaio è però difficile da attestare a suo parere; per Mironov, decapitato, ha ammesso che si trattò di colpi di mortaio.
Ipotizza poi un fuoco incrociato (tra filo-russi ed esercito ucraino?) perchè il taxi era crivellato da colpi in entrambe le direzioni: ammette di non aver mai considerato che per tentare di salvarsi il tassista ha fatto una svolta ad U mentre era sotto tiro.
Viene smentito circa la dimensione delle lesioni da arma da fuoco rilevate sul corpo di Andy, in principio minimizzate.
Ipotizza che sullo zaino di Andrea siano state rinvenute sostanze riconducibili a fuochi d’artificio, seppur poco probabili nel Donbass in quei giorni.
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15 e 22 Marzo 2019: decima e undicesima udienza del processo

Il 15 Marzo si è svolto l’esame dell’imputato Vitaly Markiv: secondo la legge italiana, l’imputato interrogato può avvalersi della facoltà di non rispondere e non è tenuto a riferire la verità -non vi è infatti alcun giuramento vincolante.
  • quesiti posti dalla procura di Pavia: viene chiesto all’imputato di individuare e potenzialmente riconoscere dei militari ucraini nelle foto tratte in sequestro all’imputato stesso al momento dell’arresto.
    L’imputato si è astenuto dal rispondere a buona parte dei quesiti e altrove ha sostenuto di non riconoscere nessuno dei volti e nominativi noti alla procura pavese, benché queste persone si trovassero sulla collina di Karachun negli stessi giorni di M.;

    l’imputato ha sostanzialmente confermato il suo ruolo sulla collina di Karachun da cui partirono i colpi di mortaio: egli doveva trasmettere agli operatori dei mortai le coordinate dei bersagli e comunicare eventuali movimenti entro l’angolo di visuale a lui assegnato;

    l’imputato ha evitato di rispondere circa le discrepanze tra la versione dei fatti resa duranti gli interrogatori post-sequestro (2017) e quella resa in aula;

    M. ha sostenuto che i mortai sono arrivati solo a fine maggio sulla collina su cui si trovava;

    l’imputato si è mantenuto vago circa la provenienza degli ordini cui ha obbedito, l’esistenza di un documento scritto e reperibile con i turni dei militari sul Karachun e le rispettive mansioni;

    tra le altre foto sequestrate presenti sui dispositivi dell’imputato vi erano diverse immagini di uomini torturati; commentando uno di questi M. riferisce che si trattava di un commilitone che aveva festeggiato troppo la sera prima.

  • le parti civili si sono soffermate sulle violazioni dei diritti umani documentate nel materiale fotografico sequestrato a M. e sulle incoerenze tra le diverse versioni dei fatti (posizione, tempistica, ruolo, armi)
Ecco un link al servizio del TgR delle 19:30 di Venerdì: il servizio sul processo è al minuto 14:01.
Venerdì 22 Marzo:
  • I testimoni previsti per la difesa (tassista di Sloviansk e commilitoni dell’imputato) non si sono presentati mentre ha testimoniato a sorpresa la dirigente del dipartimento giuridico della Guardia Nazionale Ucraina; lo scopo della sua venuta era riferire circa un documento di cui è venuta in possesso la Procura di PV pochi giorni dopo l’arresto di Vitaly Markiv. In questo documento, siglato e controfirmato dalla GNU, si indicavano otto militari ucraini ai quali era stato ordinato di riferire alla procura italiana un’unica versione dei fatti confezionata a favore di Markiv.

    La teste nega la veridicità del documento on motivazioni per lo più incoerenti tra loro (timbro sbiadito, timbro non regolamentare, mancato inserimento nel registro di cui peraltro non ha portato copia). La teste afferma inoltre di essere in servizio dal 2016 e di non avere idea dei nominativi citati nel documento, pur essendo la dirigente del dipartimento legale della GNU.
    La testimonianza è stata lunga per un contenuto quasi assente, l’impressione generale è che la teste non avesse intenzione alcuna di collaborare né fosse  a conoscenza del caso e che magari fosse stata a sua volta istruita sulla versione (lacunosa ed incoerente) da ripetere in aula.

  • diversi militari testimoni della difesa non si sono presentati in aula Venerdì e negano la loro presenza nelle udienze future -talvolta sono irreperibili. Le motivazioni addotte sono la paura di arresto da parte della procura di Pavia (inconsistente: violerebbe il codice penale internazionale; la procura stessa si è adoperata affinché i due generali venuti in precedenza non perdessero l’aereo…) e il timore per eventuali aggressioni da parte degli spaventosissimi amici di Andy che vengono al processo e distribuiscono addirittura qualche volantino.
La nuova rogatoria chiesta dalla difesa non è stata concessa dalla presidentessa della corte che ha invece assicurato un servizio di scorta per i testimoni ucraini.

Annullamento udienza del 29/3 per attendere che i testimoni della difesa decidano di venire; prossime udienze: 12 Aprile (forse commilitoni ucraini), 17 Maggio, 14 e 21 Giugno

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Usciamo dal bunker

C’è una fotografia di Andy Rocchelli che colpisce più di qualunque altra. E’ quella che ritrae i bambini rintanati nello scantinato, durante il conflitto in Ucraina. Per ottenere uno scatto così serve tempo. Bisogna guadagnare la fiducia della popolazione civile, vivere la loro guerra, osservare senza giudicare.

Sono i documenti come questo che segnano il nostro tempo, influenzano le nostre coscienze e finiscono con l’indirizzare la storia del genere umano. Sono i documenti come questo che possono estrarre una goccia di splendore da un oceano di dolore, e magari aiutarci a diventare migliori.

Andy è morto in quella guerra, assassinato in un brutale agguato teso ai danni di reporter civili. Quel che è successo rappresenta una ferita aperta per tutta la comunità e per il mondo di persone attorno ad Andy. Ma è anche un simbolo della minaccia costante a cui sono sottoposti coloro i quali fanno per lavoro i testimoni del lato più oscuro della nostra sgangherata umanità. E’ grazie a loro se sappiamo, è grazie a loro che impariamo, è grazie a loro che possiamo rimboccarci le maniche e provare a fare meglio.

Gli Andy Rocchelli di tutto il mondo sono eroi loro malgrado. E’ invece nostra responsabilità batterci perché non debbano più esserlo, perché possano essere semplicemente quello che sanno essere: la nostra coscienza in trasferta, il nostro modo per conoscere, il nostro diritto a migliorare.

E’ per questo preciso motivo che il processo attualmente in corso presso il Tribunale di Pavia rappresenta una battaglia di civiltà dall’altissimo valore simbolico per tutti. Occorre ricostruire cosa è accaduto in quella brutta giornata del 2014. Occorre trovare la verità. Occorre tracciare una linea, per ricordare all’intera comunità che oltrepassare quella linea significa commettere un crimine imperdonabile contro la comunità stessa.

Ora più che mai serve partecipazione. Servono voci civili che si alzino a pretendere giustizia. Per Andy. Per i reporter di tutto il mondo. Per tutti noi.