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Verso la Cassazione e oltre: dalla giustizia alla politica europea

Giovedì 9 Dicembre la Corte di Cassazione comunicherà il suo verdetto sulla vicenda processuale legata all’omicidio di Andy Rocchelli e Andrej Mironov nel Donbass, in Ucraina, nel 2014. Per l’occasione, l’Associazione Lombarda dei Giornalisti e la Federazione nazionale dei Giornalisti Italiani hanno ha convocato martedì scorso una conferenza stampa per spiegare lo stato dell’arte e i prossimi passi, con l’intervento diretto da parte dei genitori di Andy Elisa Signori e Rino Rocchelli e dell’avvocato Alessandra Ballerini ad affermare con forza il proprio punto di vista. Alla luce di tutto questo, oggi noi da questa pagina intendiamo restituire ai lettori il senso di dove ci troviamo e cosa ci prospetta il futuro.

Innanzitutto, la Cassazione è chiamata ad emettere un verdetto basato su un parere tecnico. La sentenza della Corte d’Appello di Milano ha confermato al 100% la ricostruzione dei fatti proposta in primo grado dalla Procura di Pavia: il convoglio di giornalisti di cui faceva parte Andy fu riconosciuto e attaccato deliberatamente dall’Esercito Ucraino su segnalazione della Guardia Nazionale Ucraina, con un fuoco di saturazione mirato all’eliminazione fisica dei reporter. Ciò che è in discussione è l’utilizzabilità o meno delle testimonianze di commilitoni e superiori dell’imputato Vitalij Markiv che lo collocano il giorno dell’attacco nella postazione da cui venivano indicate agli operatori dei mortai le coordinate degli obiettivi. Su queste testimonianze pesa un vizio di forma, legato alle modalità di raccolta delle testimonianze stesse. La Cassazione potrebbe ritenerle utilizzabili, ribaltando nuovamente la sentenza su Markijv, oppure confermare la loro inutilizzabilità. Ciò che resterà in ogni caso è l’affermazione della responsabilità diretta dell’esercito ucraino in un crimine di guerra in chiara violazione del diritto internazionale.

Posto che qualunque sia il verdetto tale responsabilità sarà comunque accertata, che cosa viene dopo?

Tutto il processo è stato caratterizzato dalle continue interferenze dello Stato Ucraino, nel tentativo di insabbiare, negare, condizionarne lo svolgimento anche tramite appelli alla politica italiana perchè entrasse a gamba tesa sulla giustizia. Durante tutto questo periodo lo Stato Italiano è stato completamente silente, o per meglio dire assente, mentre la famiglia di Andy e noi al suo fianco abbiamo continuato a rispettare l’operato della magistratura, evitando di mischiare i piani politico e giudiziario, nel rispetto delle istituzioni. Ma quando l’iter giudiziario e il lavoro della magistratura finiranno?

Lo ha spiegato in modo perentorio Beppe Giulietti, Presidente dall’Associazione Nazionale della Stampa Italiana: “Adesso la questione non è più cosa accade nelle aule di giustizia, ma nelle aule della politica. Sarò in Cassazione a rappresentare la comunità dei giornalisti che si sono schierati al fianco della famiglia Rocchelli e un minuto dopo chiederemo un incontro al ministero degli Esteri, al presidente del Comitato per le minacce ai cronisti della commissione Antimafia e consegneremo loro la sentenza chiedendo di fare almeno un centesimo di quel che hanno fatto le autorità ucraine, che sono pesantemente intervenute per il loro concittadino. Chiederemo alle istituzioni italiane di reclamare risposte sull’assassinio di due persone. Non voglio credere che siccome l’Ucraina è un Paese amico su questa vicenda debba calare il silenzio”. Adesso è il tempo della politica.

Secondo Rino Rocchelli “vogliamo che la vicenda sia nota in Europa e anche in Ucraina. Nel 2022 in Francia verrà istituito un processo penale per il ferimento di William Roguelon (insieme a Andy e Andreij il giorno dell’attacco, ndr) presso la sezione del tribunale di Parigi dedicata ai crimini di guerra, e noi vogliamo costituirci parte civile anche lì”. Ancora più esplicita Elisa Signori: “in questa vicenda abbiamo registrato la totale assenza dello Stato italiano. Adesso, di fronte a un omicidio che non è un fatto privato ma una tendenza sistematica a silenziare i giornalisti nelle zone di guerra, vogliamo chiedere all’Italia e all’Europa se esiste una volontà politica di proteggere l’incolumità dei giornalisti.”

Per chi potesse avere inteso che il 9 Dicembre fosse una conclusione, lo chiariamo esplicitamente: il 9 Dicembre è un inizio. Comincia la fase più propriamente politica della vicenda. I fatti sono stati accertati. Nella nostra cara vecchia Europa è stato consumato e poi provato oltre ogni ragionevole dubbio un crimine di guerra odioso, che sottintende la pericolosa tendenza, quando si combattono guerre sporche e non convenzionali, a calpestare diritti umani che ormai davamo per acquisiti – anche in guerra – e a minacciare il nostro diritto di cittadini ad essere informati sui fatti, che poi è l’unico modo per provare a migliorare le cose. L’Europa è consapevole di tutto questo? E cosa può fare perchè chi ha violato le regole si assuma le proprie responsabilità? E cosa può fare di diverso in futuro? Che ruolo può giocare l’Italia in questa partita, forte del fatto che a farne le spese è stato un proprio cittadino? Queste sono le domande che, ora che non c’è più un processo con cui era giusto non interferire, porremo con sempre più forza in tutte le sedi possibili. Conosciamo i fatti, la verità, ma ora è tempo di trarne le conseguenze: la giustizia. Fare giustizia è l’unico modo per creare un futuro più giusto, in cui gli orrori del passato non si debbano ripetere ancora uguali.

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Il Nobel per la Pace 2021 va alla libertà di stampa

Sono due storie lontane tra loro, quelle di Maria Ressa e Dmitry Muratov. Hanno in comune l’integrità, la dedizione nel tempo, e conseguentemente il sacrificio. Sono stati scelti nella loro diversità per trasmettere un messaggio non ambiguo. Il premio Nobel per la pace del 2021 va alla stampa libera. Simbolicamente a tutta quanta, ed è un monito a politica e governi. L’8 ottobre 2021 diventa a suo modo una data storica, perché segna l’adesione di una voce autorevole come quella del Comitato Nobel alla visione della politica e della democrazia in cui crediamo da anni, quella per cui non si può fare la pace se non si può raccontare la guerra. Ma ci teniamo a dirlo con le loro parole, che sono migliori delle nostre.

“Il Comitato Norvegese per il Nobel ha deciso di conferire il Premio Nobel per la Pace 2021 a Maria Ressa e Dmitry Muratov per i loro sforzi per salvaguardare la libertà di espressione, che è una precondizione per la democrazia e per una pace duratura. Ressa e Muratov ricevono il premio per la loro coraggiosa lotta per la libertà di espressione nelle Filippine e in Russia. Allo stesso tempo, sono rappresentanti di tutti i giornalisti che si schierano per questo ideale in un mondo in cui la democrazia e la libertà di stampa affrontano condizioni sempre più avverse.

Maria Ressa usa la libertà di espressione per smascherare gli abusi di potere, le violenze e il crescente autoritarismo del suo paese natale, le Filippine. Nel 2012 ha cofondato Rappler, una società di giornalismo investigativo online di cui è tuttora a capo. Come giornalista e CEO di Rappler, Ressa si è dimostrata una coraggiosa paladina della libertà di espressione. Rappler ha concentrato la sua attenzione critica sulla controversa e sanguinosa campagna antidroga del regime di Duterte. Il numero di morti è così alto che questa campagna sembra una vera e propria guerra contro il suo stesso popolo. Ressa e Rappler hanno anche documentato come i social media vengono utilizzati per diffondere fake news, molestare gli oppositori e manipolare il dibattito pubblico.

Dmitry Andreyevich Muratov ha difeso per decenni la libertà di parola in Russia in condizioni sempre più difficili. Nel 1993 è stato tra i fondatori del giornale indipendente  Novaja Gazeta. Ne è stato direttore editoriale dal 1995 per 24 anni. Novaja Gazeta oggi è il giornale più indipendente in Russia, con un’attitudine fondamentalmente critica verso il potere. Il suo giornalismo basato sui fatti e la sua integrità professionale ne hanno fatto un’importante fonte di informazione su aspetti censurabili della società russa raramente menzionati dagli altri media. Fin dall’inizio Novaja Gazeta ha pubblicato articoli critici su argomenti che spaziano dalla corruzione, alla violenza della polizia, agli arresti illegali, alle frodi elettorali, alle “fabbriche di troll”, all’uso delle forze armate russe dentro e fuori dalla Russia.

Gli oppositori di Novaja Gazeta hanno risposto con molestie, minacce, violenze e omicidi. Dalla fondazione del giornale sei giornalisti sono stati uccisi, inclusa Anna Politkovskaja che scrisse articoli rivelatori sulla guerra in Cecenia. Nonostante le uccisioni e le minacce, il capo redattore Muratov ha rifiutato di abbandonare la politica indipendente del giornale. Ha difeso con coerenza il diritto dei giornalisti di scrivere quello che volevano su quello che volevano, nella misura in cui si mantenessero in linea con gli standard professionali ed etici del giornalismo.

Il giornalismo libero, indipendente e basato sui fatti serve a proteggerci dagli abusi di potere, dalle menzogne e dalla propaganda di guerra. Il Comitato Norvegese per il Nobel è convinto che la libertà  di espressione e la libertà di informazione aiutino a garantire che il pubblico sia informato. Questi diritti sono prerequisiti cruciali per la democrazia e per prevenire guerre e conflitti. Il riconoscimento del Premio Nobel per la Pace a Maria Ressa e Dmitry Muratov ha lo scopo di sottolineare l’importanza di proteggere e difendere questi diritti fondamentali.

Senza libertà di espressione e di stampa, sarà difficile promuovere con successo la fraternità tra le nazioni, il disarmo ed un mondo migliore per vincere le sfide del nostro tempo. Il Premio Nobel per la Pace di quest’anno è per questo fermamente ancorato alla volontà di Alfred Nobel.”

Il Nobel per la Pace di quest’anno afferma in modo forte e chiaro che non ci può essere pace senza libertà di stampa, perché la libertà di stampa è l’amministratore di condominio delle contese politiche. E’ imperativo che tutti i governi si pongano il problema laddove la guerra c’è già, e prima che succeda altrove.

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Da 7 anni in attesa di giustizia: ma arrivano giorni decisivi

Sono trascorsi oltre 3 mesi dalla pubblicazione delle motivazioni della sentenza di appello. Si è trattato per noi di un passaggio difficilissimo da digerire, perché contemporaneamente veniva confermata in toto la ricostruzione della Procura di Pavia, con l’indicazione dei bersagli da parte della Guardia Nazionale e il fuoco di saturazione aperto deliberatamente dall’Esercito Ucraino fino all’annientamento fisico dei giornalisti Andy e Andrej, e tuttavia si dichiarava l’assoluzione dell’imputato Vitalyi Markiv a causa di un cavillo procedurale. Verità e ingiustizia.

Nonostante la rabbia, abbiamo deciso di attenerci ancora una volta ai principi che ci hanno guidato fin dall’inizio di questa brutta vicenda. Stare vicini alla famiglia, rispettare le istituzioni. Per questo motivo abbiamo atteso con pazienza e in silenzio i successivi passaggi dell’iter giudiziario italiano, mentre assistevamo sgomenti al rientro trionfale in Ucraina del soldato trovato colpevole ma non punibile. Oggi, mentre si avvicina il 24 maggio, quando saranno passati esattamente 7 anni dall’omicidio di Andy e Andrej, ci prepariamo di nuovo a commentare passaggi decisivi.

Proprio in questi giorni, infatti, la Corte di Cassazione sta passando al setaccio l’impianto della sentenza di appello. Da qui potrebbe addirittura scaturire una decisione clamorosa, perché la valutazione della Corte d’Appello circa la non ammissibilità delle testimonianze dei commilitoni e superiori di Markyiv potrebbe essere ritenuta illegittima. Questo porterebbe non più e non soltanto ad istruire il processo in terzo grado, ma ad annullare la sentenza d’appello e a celebrare nuovamente quel processo. Le implicazioni sarebbero profonde, perchè non lascerebbero alcuna foglia di fico sulla scarcerazione di Markyiv e sulla ancora più importante assoluzione dello stato ucraino, facendo cadere anche il vizio di forma, quando già non c’erano più dubbi riguardo alla sostanza. Attendiamo con inesauribile pazienza, chiedendo a chi ci legge di attendere con noi. Presto sapremo se il prossimo passo sarà la Cassazione o nuovamente l’Appello, con tutto quello che rappresenterebbe questa decisione.

Mentre continuiamo ad occuparci dei fatti di tribunale, non si ferma in parallelo il nostro percorso sociale, culturale e associazionistico. Nei prossimi mesi l’associazione Volpi Scapigliate darà infatti il proprio contributo all’ambizioso progetto guidato dal collettivo Cesura e volto alla promozione dell’archivio di Andy e all’istituzione del premio Andy Rocchelli. Sarà un contributo di natura didattica, che verte attorno ad un tema attualissimo e profondamente legato all’attività e all’insegnamento di Andy, e in generale al lavoro del bravo giornalista: la piaga delle fake news. Nel contesto dell’evento BambinFestival, che si terrà a Pavia il prossimo giugno, dedicheremo una serie di riflessioni e approfondimenti sul tema rivolgendoci a sezioni esposte della nostra comunità: i ragazzi e gli educatori. Insieme a loro cercheremo di costruire un’esperienza che lasci qualcosa a tutti i partecipanti, per fare anche un piccolo passo verso un’informazione e una società migliori.

Ancora una volta siamo a uno snodo cruciale della vicenda processuale, ma anche del nostro impegno associativo. E ancora una volta questo accade nell’immediata prossimità di quell’anniversario che odiamo ma che al contempo significa così tanto. La strada prosegue, e noi siamo sempre tutti qui.

Articolo21 e il Festival dei Diritti Umani hanno indetto una conferenza stampa il 24 Maggio, dalle ore 17. Un evento online con la partecipazione di Rino ed Elisa, i genitori di Andy Rocchelli, la loro legale Alessandra Ballerini, il presidente della FNSI Beppe Giulietti, il presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti Paolo Perucchini, Mario Calabresi, Nello Scavo e Mariangela Gritta Grainer, che si sono ampiamente occupati del caso. Nell’occasione sarà possibile vedere il messaggio videoregistrato che il Presidente della Camera Roberto Fico ha voluto dedicare alla vicenda Rocchelli.