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Ucraina-Russia? Noi non giochiamo

Apprendiamo da uno stringato comunicato dell’Ansa che il tribunale Basmanny di Mosca ha incriminato Vitaliy Markiv per l’omicidio di Andrea Rocchelli e Andrej Mironov, cittadino russo, da cui l’indagine.
E’ naturalmente molto importante che l’attenzione sul caso si mantenga elevata, mentre attendiamo le motivazioni della sentenza di assoluzione da parte del Tribunale di Milano, ma le modalità ci lasciano più di una perplessità. Non vorremmo pronunciarci sulla strana tempistica, un mese dopo l’assoluzione in appello di Markiv in Italia, più di sei anni dopo i fatti. Non vogliamo neanche ricamare sul Mironov figura scomoda e quantomeno dimenticata in Russia. Noi non sappiamo. Potrebbe essere tutto pretestuoso, potrebbe essere tutto legittimo. Chissà. Sicuramente è strano che si puntino i riflettori proprio su Markiv, che tra i tanti presunti coresponsabili dell’omicidio è stato processato in Italia perchè cittadino italiano, e non ad esempio sul suo capo di allora Arsen Avakov, tuttora Ministro degli Interni dell’Ucraina. E’ strano, e non ci piace molto.
Ci teniamo invece ad affermare che, qualunque cosa sia accaduta in Russia e abbia condotto a questa mossa, sia essa giudiziaria o politica, la nostra linea non cambia di una virgola. Non abbiamo alleati, non abbiamo nemici. Non stiamo giocando una partita, non ci saranno vincitori e vinti. Vogliamo ora e sempre verità e giustizia.
In Italia, su questa specifica vicenda, assistiamo da anni alle contorte iniziative di alcuni giornalisti e politici – fortunatamente sono pochissimi – che vogliono fare dell’omicidio di Andy e Andrej un episodio del derby Ucraina-Russia, come se bisognasse dichiarare all’ingresso per chi si fa il tifo, come se alla fine dovesse esserci qualcosa da festeggiare. Ecco: oggi nessuno ha segnato un gol a favore o contro la nostra squadra, perchè questa partita semplicemente non esiste.
Accoglieremo sempre con favore l’aiuto, l’ispirazione e la vicinanza di chi a vario titolo si spende per la giustizia, per la verità, per i diritti, per la libertà. Però non ci schiereremo mai con nessuna fazione, solo con le istituzioni italiane e il diritto internazionale. E quando c’è di mezzo una guerra non saremo mai nè filorussi nè filoucraini, per intenderci, ma sempre dalla parte delle persone. Chiediamo lo stesso atteggiamento, foss’anche solo per rispetto dei morti, da parte di tutti coloro che a vario titolo si sono interessati alla questione in Italia. Non sono giorni felici, qui da noi, per chi ha a cuore la giustizia e i diritti. Non rendiamoli peggiori con ragionamenti da tifosi. Noi siamo sempre qua, e chi insinua dubbi è bene che desista: vogliamo solo verità e giustizia, tutto il resto è rumore.

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Dopo la sentenza d’appello: la posizione ufficiale delle Volpi Scapigliate

A una settimana dalla sentenza di assoluzione per Vitaly Markiv pronunciata dal Tribunale di Milano al termine del processo d’appello per l’uccisione di Andrea Rocchelli e Andrej Mironov, sentiamo il bisogno come Volpi Scapigliate di affermare la nostra posizione e i nostri intenti in modo inequivoco, a beneficio di tutti.
Il nostro obiettivo è sempre stato e rimane quello di ottenere verità e giustizia per Andy e la sua famiglia, con la consapevolezza che si tratta di una tra tante vicende nel contesto di diritti umani non adeguatamente protetti, libertà di stampa non sufficientemente garantita e diritto all’informazione negato, nel contesto ancora più ampio di conflitti civili localizzati, sanguinosi e deregolamentati che stanno caratterizzando il troppo lungo passaggio di consegne tra ventesimo e ventunesimo secolo.
Il nostro obiettivo non è prendere le parti di qualcuno, o farla pagare a qualcun altro. Nel tempo ci siamo spesi in difesa delle istituzioni e continueremo a farlo, cercando di porre rimedio e riparo da chi le attacca con spallate più o meno irricevibili.
Siamo convinti che la ricostruzione dei fatti realizzata dalla Procura di Pavia sia robusta, strutturata e credibile: lo dicono le carte del processo in primo grado, che peraltro abbiamo seguito di persona. Questa ricostruzione costituisce un passo da gigante verso la verità, che nessuno ci toglierà. Siamo altresì coscienti del fatto che in assenza di elementi quali la famosa pistola fumante una giuria possa decidere che tutto questo non basti a pronunciare un verdetto di colpevolezza. Per questa ragione attendiamo con ansia le motivazioni della sentenza, perchè dal punto di vista della constatazione della verità, di quello che accadde, questo farà tutta la differenza del mondo. Insufficienza di prove? Oppure non abbiamo idea di chi sia stato?
Poi c’è la giustizia. Sappiamo che l’esercito ucraino effettuò un tiro al bersaglio a colpi di mortaio durato mezz’ora o forse di più e terminato soltanto dopo l’eliminazione fisica dei giornalisti Andy e Andrej. Questo è quanto. Questo fatto, a prescindere dal verdetto e dalla posizione specifica di Markiv, che ci interessa relativamente, ha pesanti implicazioni a livello di diritto internazionale. Crediamo che, ove ci fosse una assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni alle spalle di quell’esercito, o anche solo una presa di coscienza formale da parte della Comunità Europea in senso lato, ne deriverebbero ripercussioni positive per i giornalisti, per i civili, per le vittime di queste guerre necessariamente sporche e non convenzionali.
Quindi andremo avanti, in ogni caso. Le motivazioni della sentenza determineranno in parte le nostre mosse, ma non la nostra strategia. Faremo ciò che sarà necessario per attestare o puntualizzare più in dettaglio la verità dei fatti. Faremo ciò che sarà possibile per dare risalto e creare consapevolezza attorno alla vicenda, perchè la vera giustizia starà sempre e comunque nel portare le istituzioni a regolamentare e difendere ciò che oggi è in balia degli eventi, anche nella civilissima Europa: il diritto di essere informati e l’incolumità dei giornalisti, specialmente in quei frangenti di conflitto intestino in cui per uno Stato è più complicato applicare le proprie leggi.
Un ultimo pensiero per sottolineare quel che è accaduto durante questo processo. Telefonate minatorie, email per forzare la mano alla corte, senatori in divisa in aula, tentativi di persuasione addirittura nei confronti del Presidente del Consiglio italiano, e ancora cori da camerata in tribunale e twit di ringraziamento da parte del Presidente dell’Ucraina Zelensky alla “squadra” che ha permesso la liberazione di Markiv, dopo la sentenza. Vogliamo che sia chiaro che queste porcherie noi non possiamo accettarle. Pensiamo ad esempio a certi giornalisti o politici italiani che si sentiranno dire grazie da questi signori: fate un bell’esame di coscienza e chiedetevi in che razza di squadra avete scelto di giocare.
Noi siamo diversi. Noi andiamo avanti. Con la fiducia nelle nostre istituzioni e la convinzione feroce di poter costruire un mondo migliore di così. E se non fosse chiaro: noi siamo molto più determinati di prima.